Quel è il caffè migliore? Quali regole bisogna seguire per determinare la differenza di qualità tra un espresso ed un altro?
Non è facile rispondere a queste domande: il gusto personale, scegliendo le migliori miscele, può spostare il valore di giudizio tra diverse tazzine, eppure ci sono metodologie scientifiche che consentono di analizzare miscele diverse valutando valori come la cremosità, il corpo, il retrogusto, l’intensità dell’aroma, la morbidezza della qualità.
Degustare un buon caffè ha le stesse necessità di valutazione di altri alimenti liquidi: occorre quindi predisporre un ambiente ‘meditativo’, tranquillo, non inquinato da altri profumi invadenti.
Tenete con voi acqua calda a 90 °C, una tazzina ben asciutta e dimenticate lo zucchero: dovrete valutare il caffè in purezza, quindi una degustazione di questo tipo prevede solamente il sapore amaro per analizzare ogni piccola screziatura di sapore, aroma, profumo.
Il metodo più diffuso in ambiti di degustazione di caffè ha un nome: “cupping“, derivato, appare ovvio, dalla parola inglese “cup” (tazza).
Organi sensoriali coinvolti
Degustare e valutare un caffè comporta lo stimolo di vari organi sensoriali: l’olfatto sarà infatti colpito dall’aroma, dal profumo, molecole volatili che vengono recepite dagli organi preposti nel nostro naso per essere successivamente interpretate, mentre il palato, il cavo orale, riceverà informazioni dal punto di vista del sapore, quindi le caratteristiche specifiche e peculiari di ogni tipologia di miscela dal punto di vista del gusto.
Quali sono i termini di qualità attorno ai quali si determina e finalizza il giudizio finale relativo ad una miscela? Sono quattro: l’amaro, il dolce, il salato, l’acidità, anche se, negli ultimi tempi, a essi si è aggiunto un quinto fattore, l’umami, ovvero la sapidità concepita come esperienza gustativa di toni di glutammato.
Con la degustazione andremo quindi a stimolare i due organi recettori definiti chimici, il gusto e l’olfatto, perché direttamente responsabili del riconoscimento di molecole volatili e gustative frutto dell’esperienza individuale e istintiva di ognuno di voi.
Non è un caso infatti che l’amaro (e il bruciato) venga individuato immediatamente (è indicativo il fatto che gli organi di gusto individuano 1 parte su 2 milioni, pari al 0,00005%, rispetto ad 1 parte su 200 relativa alle molecole dolci), perché il nostro senso a livello istintivo rettile dubita del sapore amarognolo in quanto in natura è spesso associato al veleno, a sostanze tossiche e non edibili.
Per questo motivo è in grado di riconoscerlo con una percentuale così minima di molecole amare rispetto a quelle dolci che, sempre d’istinto, il nostro organismo associa a sapori piacevoli in natura, come la frutta.
Salato e acido sono sapori che si piazzano in aree intermedie e va considerato che la sapidità decresce con l’età: è infatti risaputo che le persone anziane richiedono più sale negli alimenti, per quanto ciò vada limitato per motivi di salute.
Consideriamo quindi una degustazione professionale come un atto di riconoscimento di alcuni fattori gustativi, un’esperienza ben diversa da quella della degustazione svolta dal consumatore, individuale e legata a gusti personali.
Elementi di valutazione
Il “Coffee Taster” deve astrarsi dal gusto personale e focalizzarsi su alcuni elementi di valutazione scientifici. Tra questi abbiamo il retrogusto, la “speziatura” che andrà associata a spezie diverse per creare una sorta di carta d’identità della miscela, la sapidità, la consistenza, l’aroma, tutti fattori che andranno valutati singolarmente soffermandosi su ogni singolo aspetto.
Di grande valore sono anche aspetti come la grandezza e la qualità della grana, il colore della polvere che deve manifestare un prodotto fresco, brillante, non polveroso o che ispiri a un approccio reticente, il profumo della miscela prima dell’infusione che già deve garantire un’esperienza aromatica stimolante.
Di tutto questi fattori il Coffee Taster deve valutare ogni singola peculiarità generando una scala di giudizio individuale senza lasciare che l’ambienta circostante condizioni il giudizio finale.
Requisiti di un buon Coffee Taster
Quali requisiti deve avere un buon Coffee Taster? Innanzitutto la calma, la capacità di focalizzarsi sull’esperienza degustativa, quasi con un approccio zen e meditativo, sono fondamentali per dedicare ogni singola attenzione solo sulla tazza senza condizionamenti pregiudiziali, distrazioni, emozioni.
Il grande Coffee Taster si estrania da tutto quanto e genera un mondo nel quale esiste solamente lui e la tazzina, socchiude gli occhi e inizia lentamente a cogliere i primi aromi. Anche il fumo che s’innalza dalla tazzina ha una sua importanza perché contiene il biglietto da visita di tutta la miscela, è il “coup de foudre” del momento.
Tutto ciò si tradurrà in valutazione numerica: il giudizio finale prevede una descrizione dei singoli fattori, descrivendone esperienze, speziature, retrogusti, cremosità sulla lingua e palato, in seguito ogni singola voce avrà una valutazione numerica, una reale scheda dedicata alla miscela.
Come non possiamo supportare lo scrittore Erri De Luca, napoletano quindi uomo con la “caffettosità” nel DNA, quando afferma: “A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco”.