Fabrizio Cadoppi nasce nel 1968 a Bologna. La passione per il disegno si manifesta fin dall’infanzia e crescendo, Fabrizio, in arte Bicio, seguirà naturalmente la sua strada frequentando corsi per perfezionare il proprio talento e sperimentare nuove tecniche artistiche.
Cosa caratterizza le sue opere
Le opere di Bicio (che puoi trovare anche su questa pagina) si caratterizzano per la loro bivalenza e la lettura binaria, che passa attraverso l’utilizzo del colore per svelare un linguaggio iconico e figurativo.
Particolare risalto ha l’utilizzo della matita che l’artista definisce “impertinente”, a causa della sua capacità di graffiare il foglio facendo emergere messaggi inaspettati.
Cadoppi impiega la matita come uno scultore impiegherebbe il proprio scalpello, scavando la carta per far emergere uno stato d’animo che a volte è dolce e rassicurante, altre crudo e pruriginoso.
L’utilizzo che Bicio fa della matita è intelligente e persuasivo, creando sogni ad occhi aperti nei quali domina il contrasto tra bianco e nero. Gli stati d’animo rappresentati affiorano tra silhouette di chiaroscuri, definendosi attraverso un preciso equilibrio di sfumature. Un mirato gioco di vuoti e pieni dell’immagine.
Ma non solo: quando il disegno pare essersi del tutto svelato e sembra pronto per riaffondare nella carta, ecco che un tocco di colore – puntuale e a volte sfacciato – arriva in maniera improvvisa a dare nuovo significato all’opera.
Capita che con una nota di colore il messaggio del quadro cambi radicalmente; altre volte, come un raggio di sole, il tono è usato dall’artista per enfatizzare il significato.
I suoi quadri riescono a infrangere in maniera vigorosa lo spazio bidimensionale in cui la tela tenta di rinchiuderli.
Non si tratta di valutare l’opera attraverso ciò che si vede, ma di completarla con il proprio stato d’animo. L’utilizzo voluto di una tecnica apparentemente incompleta, fatta di monocromia e spruzzi di colore come se si trattasse di un non-finito, invitano a immergersi nei possibili significati che sollecita per completare il messaggio, come fosse un puzzle.
Se stessimo parlando di un romanzo lo definiremmo come un libro dal finale aperto; il significato è proprio questo, un concetto non-chiuso che può essere completato in modi sempre differenti e mai sbagliati.
L’autore instaura in questa maniera un dialogo diretto con il pubblico, suggerendo un concetto che non è mai finito e che si trasforma con l’impiego parsimonioso del colore.
Le sue opere d’arte
I soggetti delle opere di Cadoppi sono spesso attinti dal regno animale e vegetale. In particolare, all’artista piace giocare con le zebre, un animale unico e a tratti indefinibile nella sua cromaticità: si tratta di un mantello bianco a strisce nere, o di un mantello nero a strisce bianche?
Allo stesso modo l’artista lancia i suoi stati d’animo, assolutamente concreti e definiti nelle forme, ma altrettanto impalpabili nella loro definizione più raffinata.
Quasi allucinante è l’opera intitolata “Sete di sapere” realizzata nel 2016 nella quale un gruppo di zebre è intenta ad abbeverarsi dalla stessa pozza fatta di strisce banche e nere.
In questo caso l’autore fonde i soggetti con l’ambiente circostante, dissetando gli animali con qualcosa di estremamente simile a loro.
Il titolo svolge la funzione che di norma viene riservata al colore, chiarendo il messaggio.
La sete di sapere in questo caso è saziata dalla conoscenza della propria identità. Sorseggiando la propria essenza gli animali definiscono se stessi.
Ma ecco che improvvisamente un pesce rosso dai colori brillanti guizza dal disegno quasi proiettandosi fuori dalla cornice e creando una sorta di ponte tra l’opera e il pubblico e svelando il sottotitolo: “Dobbiamo necessariamente nutrirci di arte per vestirci dei colori della conoscenza”.
Altra opera impattante è quella dal titolo “MEA CULPA” del 2020. Il disegno si ispira agli incendi che hanno devastato l’Australia nel 2019, causando la morte di centinaia di animali e la distruzione di interi ecosistemi.
Sullo sfondo di una foresta in fiamme compaiono un mozzicone e un koala abbracciato ad una spalla amica che tenta di metterlo in salvo.
Il messaggio di Fabrizio Cadoppi è crudo e diretto: il pianeta viene distrutto a causa dei vizi dell’uomo.
L’artista denuncia in questa maniera che lo stile di vita antropocentrico non è più sostenibile, ma inserisce anche altri elementi di riflessione.
La tela è fisicamente bruciata, rompendo l’idea di bidimensionalità e portando l’incendio a contatto diretto con il pubblico, Cadoppi suona l’allarme di una situazione che non è lontana da noi, ma si trova alla nostra porta. L’incendio è talmente vicino che possiamo sentirne il calore.
Altro elemento interessante è la spalla sulla quale il koala cerca la salvezza. Appare discreta ma parla in maniera chiara di una possibilità – indefinita – di salvezza attraverso lo sforzo per salvare l’ambiente.
L’elemento di colore ricade sul mozzicone ad illuminare come un riflettore il titolo dell’opera.
Più leggera è “Amici d’infanzia” del 2019 dove Cadoppi assiepa lo schermo della tv coi personaggi di Carosello.
Un momento sereno che rimanda alla capacità di tornare bambini davanti al ricordo di un momento passato ma felice.
Allontanarsi da questo disegno causa un po’ di nostalgia, un senso di bellezza fanciullesca che non può più tornare ma che perdura intatta nella sua bolla di felicità lontana nel tempo.